mercoledì 10 ottobre 2007

6ta puntata. Consumi

Il consumatore recettore passivo delle proposte che gli vengono dal lato della produzione va cedendo il passo ad un soggetto che vuole consumare in modo critico. Con le sue decisioni di acquisto e con i suoi comportamenti il consumatore intende contribuire a costruire l'offerta dei beni e servizi di cui fa domanda sul mercato. Non gli basta più il celebrato rapporto qualità-prezzo, ma vuole sapere come quel certo bene è stato prodotto e se nel corso della produzione l'impresa ha rispettato i diritti fondamentali delle persone. A questo proposito l'economista e filosofo John Stuart Mill parlava già nell'ottocento di “sovranità del consumatore”. Recenti ricerche hanno mostrato come l'80% dei consumatori europei ha dichiarato di essere disposto a pagare un prezzo leggermente più elevato se il dippiù delle imprese dalle quali acquistano beni o servizi va a finanziare iniziative socialmente rilevanti.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Come nella tradizione colgo l’occasione per fare i complimenti al mio amico Marco che con determinazione e capacità è riuscito in poco tempo a tessere una rete di collaborazioni interessanti che sono sicuro lo porteranno in breve tempo ad importanti e singolari avventure future.
Devo ammettere che è la prima volta che ascolto la trasmissione e l’ho trovata davvero interessante e soprattutto adeguata ed allineata perfettamente al target di riferimento di radiout, dando così la possibilità alla gente di ascoltare, capire ed intervenire su tematiche comuni e di interesse, con un linguaggio semplice e consono alla situazione.
Non mi dilungherò troppo ed eviterò di commentare e/o ripetere concetti espressi molto efficacemente da Marco ma punterò il dito solo su alcune riflessioni, a mio avviso importanti, su cui poter ragionare e discutere insieme nel blog e nelle puntate successive e magari fonte di inspirazione per qualche articolo riguardante questo tema.
La prima riflessione che voglio fare riguarda la figura del “consumatore intelligente”. Sono d’accordo con Marco quando parla di come la figura del consumatore sia cambiata nell’ultimo decennio e di come sia lo stato che soprattutto le grandi multinazionali hanno rivalutato il “fine ultimo” della loro attività economica. Ma siamo sicuri che davvero l’80% dei consumatori non guarda il rapporto qualità/prezzo dei prodotti ma analizza e prende in considerazione quelli che sono gli aspetti etici ed i diritti fondamentali su cui il lavoro di una grande azienda dovrebbe fondarsi? Tutti conosciamo le tristi storie dei lavoratori di grandi multinazionali quali Nike, Coca-Cola ed altre aziende, anche del nostro distretto, che vengono sfruttati, sottopagati o per meglio dire pagati secondo il loro salario mensile standard che fa drasticamente abbassare i costi aziendali e lievitare gli utili. Ma davvero al consumatore interessa tutto ciò? Diciamo che, a mio parere, tutti siamo sconfortati per questa situazione per due motivi principali: le condizioni disumane e precarie di questi lavoratori del “nuovo terzo mondo” e la crisi del lavoro che tali sistemi economici arrecano a quelli più evoluti (e nemmeno di tanto) come il nostro. Ciò non toglie comunque che il 95% delle persone continua a comprare e desiderare i prodotti di queste multinazionali: pieni sono ogni giorno i negozi Footlocker ed i NikeStore, pieni i negozi della Apple, pieni i negozi di giocattoli della Mattel, pieni i negozi di telefonini della Motorola, Nokia, ecc e pieni i negozi di altre marche e di altri settori più o meno importanti.
Direi quindi che è vero che il consumatore è diventato “critico” ma soprattutto si è fatto più esigente e scaltro: desidera il particolare, la qualità, l’accessiorio, il futile dettaglio che rende però diverso un prodotto dall’altro e che quindi lo trasforma in esclusivo e/o di nicchia. Il consumatore è più intelligente, non si accontenta di più di un prodotto qualsiasi. Il mercato è diverso da quello degli anni ’80: è difficile stupire un cliente, è difficile conquistarlo, è difficile “Innovarsi” rispetto ai propri competitors. Ricordo le prime console e/o i primi Personal Computer di cui ero e sono appassionato. Quando avevo 6 anni nei negozi se ne trovava di un solo tipo, al massimo due. Era la novità. Tutti volevano quel prodotto e tutti erano disposti a pagare, anche se qualche difettuccio era in agguato. Ora non è così. Ora gli scaffali sono pieni di monitor, pc, console e qualsiasi altro merce con prodotti spesso uguali nella sostanza tra loro ma differenti per un minimo particolare messo li per conquistare l’utilizzatore finale. Ecco quindi che il cliente è cambiato. Il cliente non si accontenta più perché ha una scelta infinita, perché nulla è nuovo, perché, in una società che può permettersi quasi tutto, lui vuole una cosa che nessuno ha o che comunque lo rende diverso dagli altri.
Secondo punto di riflessione: come la gente risparmia e come la gente spende? Io credo che oggi giorno la gente non risparmi più: è difficile tra affitto, costo del cibo e della vita arrivare a fine mese e risparmiare qualcosa. E’ difficile, in una società consumistica in cui siamo cresciuti, noi della generazione degli anni ’90, fare a meno della cena al ristorante piuttosto che del gadget e/o dell’ultimo ritrovato tecnologico a disposizione sugli scaffali. E con ciò mi ricollego a come la gente spende. La gente non spende per l’utile ma per il futile: si cerca l’ultimo MP3, l’ultimo telefonino, l’ultimo televisore, l’ultimo paio di scarpe alla moda, l’ultimo pezzo di modding per la macchina, ecc. Si potrebbe parlare a lungo ma vorrei velocemente toccare gli ultimi due punti ed evitare che questo commento diventi troppo lungo.
Terzo punto: perché, se tutti parlano di crisi dei consumi, costo della vita elevato e difficoltà di risparmiare fioriscono come fossero funghi centri commerciali in ogni angolo della città? E perché nelle belle domeniche di sole, come la scorsa, la gente non ha fatto come me e si è goduta una bella passeggiata al sole ma ha invaso i tre centri commerciali più giganti (e vi assicuro che “giganti” non è un eufemismo) di Roma? Vi lascio con questa riflessione.
Quarto punto: sui beni di consumo, come ben sappiamo, ricade tutta una serie di spese che derivano per forza di cose dal ciclo economico e produttivo di un bene. Ad esempio il costo del petrolio influisce sui trasporti e sull’energia che di conseguenza influisce sui costi, rispettivamente logistici e di produzione, di un determinato bene. Sappiamo benissimo che molte multinazionali impongono dei prezzi di negozio per i loro prodotti ma sappiamo altresì che molte altre non lo fanno. Allora mi chiedo. Quando l’euro ed il dollaro erano in rapporto 1 a 1 il petrolio al barile costava 45$ cioè 45€. Ora che il cambio è a quota 1,42 un barile di petrolio costa 80$ cioè 56€ (ovviamente il prezzo del petrolio o brent si misura sempre in dollari, la conversione è solo di comodo) perché al 20% di aumento di questo bene corrisponde un aumento del 100% ed oltre del prezzo degli altri beni? Perché un paio di levi’s costavano 100 mila lire ed ora costano 140€? Perché il prezzo del diesel è passato da 0,80€ ad 1,22€? E perché invece gli stipendi hanno ricevuto una variazione minima derivante esclusivamente dalle correzioni per fronteggiare l’inflazione?
Ovviamente lascio queste considerazioni un po’ appese per esigenze di tempo e spazio. Cercherò nei prossimi giorni di ascoltare le puntate precedenti ed effettuare dei commenti solo per fornire, diversamente da questo commento, degli spunti di riflessione che siano di appoggio per la costruzione di una discussione fruttifera e stimolante in questo blog.
Faccio di nuovo i complimenti a Marco ed invito tutti gli amici a contribuire alla crescita di questo spazio di riflessione s scambio di idee. Buon lavoro

Anonimo ha detto...

Consumare etimologicamente parlando deriva dalla parola CONDURRE A FINE: Gesù sulla croce prima di morire disse "Consumatum est" e cioè "è finito" o "tutto è compiuto".
Il consumatore non fa altro che finire ciò che il mercato produce: nel'antichità con il baratto non esisteva il consumatore perchè una cosa si sostituiva con un'altra; con l'introduzione della moneta nasce questa parola perchè in cambio di beni si comincia a dare in cambio una pezzo di metallo o carta che non riesce a sostituire materialmente ciò che si è venduto.
Per me la necessità di far consumare ad altri qualcosa ebbe inizio per caso quando qualcuno producendo o coltivando qualcosa in esubero si è reso conto che per sostenere le spese aggiuntive avrebbe potuto soperirle grazie a quelli che necessitavano di quel prodotto; ed in quel momento quella persona ha visto il business carpendo l'occasione di stare sempre meglio e cose si dice da noi "guadagnarci sù".
Oggi è proprio così, solo che oggi non si produce più solo ciò di cui si ha bisogno ma anche nuove necessità che sono nate dalle vecchie necessità; provo a spiegarmi: una volta come tutt'oggi abbiamo bisogno del pane, per fare il pane ci vuole la farina, una volta il fornaio andava al mulino azionato dal fiume a prendere la farina, oggi il fornaio prende il cellulare chiama il rappresentante ordina la farina che arriva con il camion fino da lui. Il consumatore oggi paga il pane molto più caro di una volta perchè quando lo va a comprare deve pagare al fornaio anche l'uso del suo cellulare per chiamere il rappresentante che a sua volta deve pagere l'autotrasportatore che porta la farina che a sua volta paga il gasolio. Sono nuove necessità che oggi per forza devono esistere!
Grazie Marco,ciao a tutti.

Unknown ha detto...

saluto l'amico Marco e gli faccio i complimenti per il coraggio e la determinazione che dimostra nel dedicare il tempo per questa rubrica e blog che parla di economia, la triste scienza che però, volenti o nolenti, riguarda tutti noi.

Visto che ogni tanto mi rompe per partecipare alla discussione sul blog, per “mettermi in gioco”, mi armo di coraggio anch’io e lo faccio.

Ma non vorrei dilungarmi troppo
Volevo solo fare qualche considerazione e una domanda

1
Anzitutto ridimensionerei questa figura del “consumatore intelligente”.

Non vorrei passare per saccente, però ricollegandomi alle consiìderazioni fatte dall’amico Paolo Ficiaro (e colgo occasione per congratularmi con lui perché riesce a lavorare 12 ore al giorno (almeno così narra la leggenda) e a fare anche interventi sul blog di un certo peso), come si può definire intelligente quel “consumatore” (da legger con l'accento americano di Alan Friedman) che invece di spendere soldi per l’utile, li spende per il “futile”.

De gustibus disputandum non est, ma a me non sembra avere molto senso spendere soldi per l’ultimo cellulare,che poi non si sa neanche usare a dovere, l’ultimo paio di scarpe alla moda o l’ennesimo vestito che non si sa più dove mettere… cioè in giro si vedono bambini di 5 anni che sono vestiti meglio di un modello! Ma per favore…

il fatto è che oggi siamo nella società dell’apparenza, volenti o nolenti, spesso neanche ce ne rendiamo conto di tutte le influenze esterne che subiamo, e i consumatori mi sembrano nella maggioranza dei BAMBINI VIZIATI alla continua ricerca di soddisfazione del “bisogno apparente”...

Il fatto che oggi si sia molto difficili in fatto di gusti, che si voglia cercare di differenziare dagli altri per ciò che indossiamo, guidiamo, abbiamo.. tanto che oggi le aziende non sanno più cosa inventarsi per attirare la loro attenzione…non lo vedo tanto come fattore di intelligenza, quanto invece di superficialità, attenzione verso cose in fondo inutili.

Che poi tutti si lamentano per lo scarso potere di acquisto, ma se uno sciupa soldi per le cavolate, lo faccia se gli va, ma almeno stia zitto.

Poi è vero che ci sono anche quelli in reale difficoltà che invece devono fare i salti mortali per tirare avanti ogni giorni con gli stipendi che si ritrovano, e che il futile proprio non lo possono neanche immaginare.. e quelli hanno ragione a lamentarsi..

e ci sono anche reali consumatori “intelligenti”,” consapevoli”, o addirittura “critici”, che prima di comprare un bene valutano l’effettivo rapporto qualità prezzo, che non sono abbagliati dalla marca a tutti i costi, che si informano o tentano di farlo (perché non è sempre facile, anzi, a volte impossibile) su come tale prodotto viene fatto, se è equo e solidale(che poi anche lì bisogna vedere se è solo “marketing”o c’è della 2sostanza” dietro)…che boicottano certe marche che “ si sa” fanno un bel po’ di porcate..

ma secondo me sono la minoranza, anche perché è tutt’altro che facile attuare un comportamento del genere, e anche ame viene da pensare “ma chi me lo fa fare” ..

cioè alla fine non è che per comprare un paio di scarpe che mi servono, mi posso mettere a fare ricerche di ogni sorta per capire cosa c’è dietro quella scarpa..uno diventa o matto o vecchio! (e qui si entra nel discorso della “trasparenza del mercato”… una chimera?)..
oppure..
fare certe scelte costano, per esempio, comprare equo e solidale costa di più e non è detto che me lo possa permettere, meglio comprare cinese o altro perchè banalmente lo trovo a minor prezzo..

...come nota di “ ottimismo”, penso pure che questo numero esiguo di consumatori "consapevoli,critici" sia in crescita, per lo meno a livello di gente che comincia a sentire e porsi certi problemi…

2
vorreri fare una domanda esplicita a Marco, non so se l’ha già detto nella puntata (non ho potuto sentirla tutta), ma d’altronde repetita iuvant:
mi fido sul fatto che l’entrata dell’euro abbia portato più vantaggi che svantaggi…cioè ho provato/provo a capirci qualcosa, tassi interesse, debito pubblico, ma poi mi incarto facilmente.... queste sono cose da economisti e diciamo che mi fido del loro parere essendo io più ignorante di loro a riguardo (e non me ne vanto, ma è così ..un po’ per pigrizia, ma anche per sfiducia..della serie è troppo complicato, richiede troppo tempo..)

vorrei sapere se qualcuno sa spigarmi effettivamente come sia possibile che per molti prodotti (non tutti però..vedi ad esempio apparecchi tecnologici) siano praticamete raddoppiati di prezzo.

Come hanno già accennato altri nella trasmissione e nel blog: un operaio che prima prendeva 2 milioni di lireal mese ora 1000 euro,( e va bene così , secondo il cambio euro-lira) poi un jeans che costava 100 mila lire ora lo trovi a più di cento euro..

in pratica molti prodotti sono DI FATTO raddoppiati di prezzo.

Ora vorrei che qualcuno mi dica come questo sia stato EFFETTIVAMENTE POSSIBILE…

Come hanno fatto i commercianti, i negozi, le multinazionali a fare ciò? Si sono messi d’accordo tutti insieme puntando sulla disattenzione/impotenza della gente e basta? possibile che non ci sia uno strumento di controllo? Che noi dobbiamo pagare e basta?

Mi piacerebbe avere una risposta..

Ciao a tutti

ps. chiedo scusa se il ragionamento magari non fila tanto, ma ho scritto un po’ di getto…

Unknown ha detto...

provo a portare una riflesione sull'aumento dei prezzi post euro, sul quale argomento ho recentemente chiacchierato con michele zini (per saperne di più su in virtù di che cosa sbofonchiamo vi rimando a www.arengo.info).
premetto che sono solo spunti di riflessione e che mi esprimerò in termini grossolani e imprecisi.

detto questo.
l'Italia ha rispetto ai partner dell'euro un deficit di produttività e di credibilità dei propri titoli di Stato. con l'euro siamo tutti sulla stessa barca e la carta che abbiamo in tasca ha valore grazie agli altri Paesi più che a noi. in pratica abbiamo meno 'denaro'e meno capacità di produrlo rispetto agli altri.
in qusti casi la teoria dice che i prezzi devono crescere per ridurre i salari reali e che con la stessa moneta il mercato dei beni diventa più o meno lo stesso.
succede che quindi i soldi vanno in tasca al 'produttore di ultima istanza', europeo o italiano, e il consumatore italiano paga il fatto di avere in tasca una moneta e non la carta straccia che sarebbero adesso le lire

dopodichè marco, aiutaci tu
e grazie ancora per l'interessante spazio di dibattito che hai realizzato

saluti a tutti
tobia