L’ansia di ripresa sta provocando sul piano mediatico una guerra di numeri che può per esempio dare l’Italia alla fine del tunnel quando viene comunicato il rallentamento della richiesta della cassa integrazione, ma che la danno nuovamente in crisi già il giorno successivo quando viene reso noto l’impatto catastrofico sull’occupazione e sui conti pubblici già dal 2010. La crisi finirà quando il Paese tornerà sui livelli di investimenti, disoccupazione e debito pubblico fatti registrare prima della crisi: secondo alcune stime Nomisma se dal prossimo anno cominciamo a crescere dell’1% ci impiegheremo 7 anni.
La politica economica accomodante, l’innovazione finanziaria esasperata, gli squilibri strutturali internazionali e l’assenza dei controlli sono certamente i motivi generanti di questa crisi così virulenta. Tuttavia però non bisogna essere così ingenui dal pensare che lo scoppio dei mutui subprime costituisca la cause ultima o profonda della crisi, che magari sarebbe potuta scoppiare a causa di un rifiuto da parte del governo cinese di finanziare le partite correnti e il debito pubblico statunitensi. Questa crisi trae, dunque, origine da alcune cesure create dal pensiero economico dominante negli ultimi trent’anni: separazione tra l’economico e il sociale; separazione tra il lavoro e la ricchezza; separazione tra produzione e finanza; e infine separazione tra mercato e democrazia. Il tutto al servizio di una crescita che sembrava dovesse essere infinita e che invece ha condannato il mondo intero a un’epidemia.
La risposta immediata è stata quella di costruire facili moralismi, una strada che non sta portando da nessuna parte. L’elezione di Obama ha rafforzato l’idea che si potesse uscire dalla crisi con la green economy, ma quali risultati ha portato gli ingenti investimenti pubblici sull’ambiente e sui nuovi assetti energetici? In Italia, negli ultimi mesi pare sia molto di moda il social housing, per cui il Governo sembra avere creato, attraverso il cosiddetto “piano casa 2”, un sistema di iniziative locali che convoglierà nell’edilizia sociale circa 5 miliardi di euro di capitali di rischio. Risposte comunque utili, ma non adeguate a modificare quel paradigma socio-economico che ha creato una perdita di senso in alcuni pezzi della società, tra cui quello economico e finanziario. È urgente un salto culturale: passare da un’economia capitalistica a un’economia civile, da un’economia del capitale a un’economia della città, da un’economia dei capitalisti (che sono solo una fetta dei cittadini) a un’economia dei cittadini tutti.
2 commenti:
Un cantautore molto noto negli anni '80 cantava "L'isola che non c'è"; oggi dopo oltre 20 anni da quelle note alcuni "giovani" disillusi dalla situazione politico-economica attuale parlano di nuovo di quest'isola ideale.
Un luogo vergine in cui stabilirsi, ove dettare poche, chiare ma rispettate regole utili per un minimo di vita civile ed in cui trascorrere con serenità il presente per progettare un futuro sano e migliore per i figli che abbiamo o che avremo.
Marco sa di cosa parlo.....apriamo la caccia a questo luogo....per favore no agenzie immobiliari, non vorremmo iniziare questo progetto pagando una provvigione sull'acquisto ;-)
ho partecipato Marco alla tua interessante conferenza a San Benedetto su "a che punto è la notte". Alla quarta citazione di G.B.Shaw ti giuro che mi è venuta voglia di sradicare una palma della riviera per... però a parte ciò, la storiella del buon/cattivo Greenspan è stata esposta con la tua usuale capacità di intrattenimentto e ricchezza di contenuti. Devo dire che ti vedo migliorare di conferenza in conferenza... Complimenti!
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