mercoledì 14 gennaio 2009

66ma puntata. Mattone incerto, dove rifugiarsi?

In attesa dell'ultimazione del nuovo sito web, la registrazione audio di questa puntata non sarà per il momento disponibile.

Quello appena concluso è stato indubbiamente un anno molto difficile per il mercato immobiliare italiano. Sebbene i pochi dati a disposizione dicano che nel 2008 la crescita dei valori immobiliari sia frenata al +1,1%, il tentativo di nascondersi dietro ai numeri risulta palese. Basta prendere l’indicatore dei tempi medi di vendita delle abitazioni, utilizzato per valutare lo stato di dinamicità immobiliare di un territorio. Nel corso dell’anno appena trascorso questo indicatore si è dilatato oltre i 6 mesi in molte città italiane tra cui Venezia Mestre (6,9 mesi), Bologna (6,6 mesi) e Torino (6,1 mesi). E quanto più il tempo medio di vendita si allunga, tanto più significa che la liquidità si restringe, i soldi non circolano e non c'è più attrazione nell'investire nel real estate. Non solo, ma per il 2009 alcuni responsabili fidi di banche regionali hanno ricevuto l’ordine dalla direzione di chiudere i rubinetti del credito al residenziale perché considerato un settore troppo rischioso e se dovesse verificarsi questo approccio di non concedere mutui o affidamenti alle aziende immobiliari, anche sane, si verificherebbe in questo anno una fuga dal mattone reale da sempre considerato il bene rifugio per eccellenza in grado di raccogliere i disinvestimenti dal mercato finanziario.
Nell’ultimo decennio, infatti, in tutta Europa è fortemente rallentata la rincorsa all’investimento immobiliare diretto, ma l’impressione è che il crollo globale delle borse abbia tenuto su valori positivi le variazioni percentuali dell’immobiliare residenziale.
In Italia, negli ultimi trent’anni i valori immobiliari sono cresciuti del 135,2% e più della metà della crescita è stata registrata nel decennio d’oro 1997-2006 quando la borsa italiana aveva guadagnato il 179,7% nello stesso periodo – nonostante l’11 settembre, il crollo della new economy e i vari scandali finanziari Cirio e Parmalat. Fino ad oggi gli unici due cali dei prezzi medi correnti sono riconducibili agli anni 1983-1985 (-9,2%) e 1993-1995 (-0,5%). Nell’ultimo anno, invece, il calo del Mibtel del 49,64% potrebbe avere limitato il rallentamento del settore immobiliare (+1,1% nel 2008) perché la paura di rimanere intrappolati in borsa potrebbe avere spinto le famiglie italiane a restare più liquide o a trasferire parte della liquidità all’immobiliare residenziale.
Tra i Paesi europei con un mercato immobiliare effervescente troviamo la Spagna e il Regno Unito. Dai dati aggiornati al terzo trimestre 2008, negli ultimi dieci anni il mercato immobiliare residenziale è cresciuto rispettivamente del 171,59% e del 148,91% in termini nominali. Nello stesso periodo a Madrid l’Ibex 35 è diminuito del 13,2% e Londra ha fatto registrare un –29,6% del Ftse 100 (da sottolineare che i due cali di borsa sono pesantemente influenzati dal crollo globale degli ultimi diciotto mesi). Se alcuni analisti sostenevano che nell’ultimo anno in Spagna – così come nei Paesi Bassi – i prezzi immobiliari dovessero piombare verso il basso, i dati mostrano come invece il prezzo medio corrente delle case è rimasto praticamente invariato (+0,39%) proprio mentre la borsa è crollata del 42,76%.
Anche le borse asiatiche hanno vissuto nell’ultimo anno un tracollo dei prezzi, ma la frenata sugli investimenti immobiliari diretti risulta meno spiccata rispetto al resto del mondo. Nel decennio alle spalle i prezzi immobiliari residenziali della Repubblica di Singapore sono cresciuti del 59,18% e nell’ultimo anno la variazioni dei prezzi nominali delle case della città-stato del sud-est asiatico resta comunque positiva (+8,94%), favorita anche dallo scarso appeal della borsa che negli ultimi dodici mesi ha fatto registrare un calo del 50,63% dello Straits Times Index. Anche Hong Kong ha visto l’indice Hang Seng lasciare sul terreno il 48,24%, ma il corso dei prezzi immobiliari sembra avere avuto in termini nominali un ritmo meno fibrillante (+22,54% a dieci anni e +14,62% a dodici mesi). Diverso è, infine, il caso del Giappone immerso in un clima recessivo prima ancora che la crisi finanziaria si manifestasse in tutto il mondo. A guardare i dati sul Giappone l’appellativo di “Paese del Sol Levante” sembra il meno appropriato essendo l’unico, insieme all’Indonesia, ad avere registrato negli ultimi dieci anni una diminuzione del 31,74% dei prezzi nominali immobiliari. Nell’ultimo anno, la caduta dell’indice Nikkei 225 (-47,28%) sembra avere avuto poca influenza sulle negoziazioni e sui prezzi delle case (-0,68%), dato che nel paese persiste da anni la mancanza di fiducia verso il futuro.

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