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Può l’accordo siglato il 19 giugno scorso dall’Abi e il Ministero dell’Economia essere considerato un vero e proprio “salvamutui”?
Venerdì 29 agosto, infatti, è il termine fissato entro cui le banche e gli intermediari finanziari devono inviare a 5,2 milioni di italiani – circa una famiglia su cinque – le proprie offerte di rinegoziazione (ex Dl 93/2008) delle rate del mutuo acceso a tasso variabile prima del 28 maggio 2008 per l’acquisto, la ristrutturazione e la costruzione dell’abitazione principale. Le proposte delle banche devono contenere tutti gli elementi utili a valutare gli effetti della rinegoziazione: importo e tasso originario del finanziamento; capitale residuo del mutuo; rata attuale; e rata derivante dalla rinegoziazione. Ai mutuatari spetterà la difficile scelta di accettare l’offerta, continuare a pagare lo stesso importo o trasferire l’attuale mutuo a tasso variabile in un’altra banca approfittando della legge sulla portabilità (ex Dl 7/2007) e delle eventuali offerte vantaggiose sul mercato. È da sottolineare, tuttavia, che se aderire all’accordo prevede anche la possibilità della surroga in futuro, il percorso inverso non è ammesso.
Conviene o no accettare l’offerta? Come prendere questa decisione e sulla base di quale alternativa?
Sul piano del mero calcolo di convenienza ciascun mutuatario dovrà contrapporre il beneficio quasi immediato di un abbassamento delle rate in scadenza dal 2009 (al livello della rata media esborsata nel 2006) al costo di un allungamento della durata originaria (nel caso in cui i tassi di interesse aumentassero in futuro) e, quindi, di un incremento dell’onere complessivo del finanziamento. Abbattere la rata non vuol dire ridurre il costo del mutuo, ma è altresì evidente che questa scelta potrebbe essere una strada obbligata per tutte quelle famiglie che non sono in grado onorare i pagamenti mensili o trimestrali e che hanno già superato la soglia di sostenibilità di incidenza del 30% della rata sul reddito complessivo disponibile. Inoltre, dalle ultime simulazioni effettuate dal Sole 24 Ore, emergono due valutazioni oggettive: la prima è che maggiore è la durata residua e più elevato è il pericolo di un allungamento del mutuo; la seconda riguarda i mutui più datati, per cui è stata già rimborsata più della metà del capitale residuo, sui quali i benefici che si otterrebbero aderendo alla convenzione Abi-Ministero dell’Economia sarebbero esigui.
Al contrario, sul piano della trasparenza sono molti i dubbi e le domande che a distanza di due mesi dalla firma della convenzione non hanno ancora trovato una risposta. Le comunicazioni delle banche saranno chiare, semplici e trasparenti se solo di recente l’Antitrust ha dovuto avviare un’istruttoria per pratica commerciale scorretta nei confronti di 23 importanti istituti di credito? Saranno gli stessi soggetti che hanno indotto i cittadini ad avventurarsi in incomprensibili congetture sui tassi di interesse a guidare i mutuatari in questa scelta? Si doveva per forza arrivare ad una convenzione dove è palese il vantaggio delle banche legato alla maturazione degli interessi del conto accessorio – in cui viene depositata la differenza tra l’importo dovuto secondo il piano di ammortamento originario e quello risultante dalla rinegoziazione - oppure si poteva proporre e spiegare da tempo ai cittadini la formula del tasso variabile a rata costante?
La crisi geopolitica e le paure di recessione in molti paesi europei hanno raffreddato, almeno a Francoforte, le ipotesi di un prossimo rialzo del costo del denaro. Ciò ha reso solo apparentemente più allettante accettare l’offerta di rinegoziazione ricevuta dalla propria banca. Tuttavia, secondo i dati Nomisma, nel 2007 è avvenuta una trasformazione epocale almeno dal punto di vista culturale: a fronte di un capitale erogato dalle banche per mutui pari a 63 miliardi di euro, circa il 25% è rappresentato dalle sostituzioni (e il dato è destinato ad aumentare nel 2008 dopo che l’ultima legge finanziaria ha chiarito che tutti le spese di trasferimento del mutuo sono a carico delle banche subentranti). Ciò vuol dire che in questi mesi moltissimi di italiani hanno compreso che è necessario non fermarsi alle lusinghe della propria banca, ma cercare continuamente condizioni più vantaggiose spingendo l’offerta bancaria verso quella concorrenza ancora mediocre al momento. E se ad oggi la convenzione Abi-Ministero dell’Economia porta con sé numerosi dubbi certamente è stata l’occasione per suggerire alle famiglie italiane un check-up dei finanziamenti per la casa.
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