giovedì 5 febbraio 2009

69ma puntata. Dragone senza ali

In attesa dell'ultimazione del nuovo sito web, la registrazione audio di questa puntata non sarà per il momento disponibile.

Nel 2007 l'ammontare della ricchezza prodotta dal Dragone è stato pari a 25.700 miliardi di yuan - circa 3.500 miliardi di dollari, ovvero 2.700 miliardi di euro, circa il doppio dei 1.500 miliardi di euro di Pil italiano. Queste numeri dicono che la crescita economica – ricordiamo che intendiamo solo beni materiali, nel Pil vengono esclusi i beni relazionali e ambientali – si è attestata a +13% rispetto all'anno precedente, dato superiore all’11,9% stimato dalle statistiche ufficiali diffuse dal governo di Pechino. Tale valore rappresenta la performance più forte del Dragone dal 1994. I balzi in avanti della Cina sul fronte economico sono stati innescati dopo le profonde riforme lanciate nel 1979 dallo storico leader Deng Xiaoping. Allora la sua economia valeva appena 300 miliardi di dollari, meno di un decimo del dato 2007.
Sul piano dei confronti internazionali è avvenuto il sorpasso storico della Cina sulla Germania, il cui ammontare del Pil era pari a 3.300 miliardi di dollari nel 2007. Il Dragone sale così al terzo posto tra le maggiori economie mondiali. Se per scalare un altro gradino, scalzando il Giappone (4.400 miliardi di dollari nel 2007), potrebbero bastare 5 anni – a seconda di come prosegue la congiuntura economica internazionale – un eventuale sorpasso sugli Usa (13.800 miliardi di dollari nel 2007) avverrebbe in 30 anni. Sui dati pro-capite – quelli in cui il valore di un'economia viene diviso per l'intera popolazione – la Cina resta evidentemente molto lontana da qualsiasi Paese avanzato. A ognuno dei circa 85 milioni di tedeschi corrispondono 38.800 dollari sul 2007, mentre diluito per 1 miliardi e 300 milioni di cinesi il Pil 2007 si riduce ad appena 2.800 dollari a testa. Secondo alcuni economisti si potrà colmare tale gap solo con un orizzonte temporale superiore a 20 anni.
Finora il Dragone asiatico ha volato senza ali con un immenso bacino di forza lavoro, ma scontando una bassa produttività. Da quando le dotazioni del paese sono migliorate, le macchine si sono accoppiate alle braccia, la Cina è diventata un vero Dragone. È automatico scalare le classifiche quando si è i primi produttori mondiali di acciaio e di prodotti agricoli. Quando la supremazia riguarderà l'elettronica, la cantieristica, l'automotive, l'apice sarà raggiunto. C'è da sperare che per quel tempo la Cina sia stata finalmente invitata al G8.
Attualmente, però, la principale preoccupazione del governo cinese è di mantenere il più possibile intatta questa vigorosa crescita in un contesto di pesantissimo rallentamento globale e recessione nei paesi industrializzati che sono sbocchi chiave per il suo enorme export. Perché? Per un Paese in via di sviluppo la crescita è una conditio sine qua non per migliorare la qualità della vita e far uscire dalla povertà milioni di famiglie. Diverso è il caso dell’Occidente dove la qualità della vita si è persa con l’aumentare dei soli beni materiali. La maggior parte del miliardo e trecento milioni di cittadini cinesi oggi restano poveri e Pechino considera la crescita un fattore cruciale per combattere la povertà. Secondo alcune stime, comunque di stampo governativo, la crescita del Pil nel 2008 rallenterà a un +9% e nel 2009 non supererà il 6% (in Italia da almeno un lustro non registriamo crescite superiori all’1%). Temendo la crescita, Pechino ha già varato il più massiccio piano a livello mondiale di sostegno all'economia pari a 4.000 miliardi di yuan, ovvero 445 miliardi di euro, più consistente di quanto mobilitato dagli Stati Uniti e circa undici volte delle risorse annunciate qualche giorno fa dal premier italiano. Queste risorse serviranno essenzialmente per sostenere la domanda di auto, per approvare alcune agevolazioni fiscali sull’immobiliare residenziale e per aiutare il settore siderurgico.

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